Selviturismo: proposta di turismo alternativo su SISEF

Il bosco, in quanto risorsa territoriale fruita dall’uomo, è sempre stato gestito e sfruttato secondo usi e tradizioni di lunga data, come la produzione di legna, tenendo comunque sempre presenti la protezione del suolo e la necessità di regimazione delle acque.

In parti più o meno rilevanti la sua ’offerta’ è stata anche condizionata da mode o usi particolari legati a specifiche condizioni socio-economiche. Negli ultimi anni, infatti, le richieste nei confronti del bosco si sono orientate verso altri tipi di prodotti da esso ritraibili, quali: un luogo di conservazione di specie protette, un substrato produttivo per funghi, mirtilli e altri prodotti del sottobosco, ma soprattutto, un ambiente adatto ad accogliere turisti ed escursionisti.

Di fatto, i boschi delle aree montane oltre a rappresentare un importate tassello nell’economia locale per la produzione di legname e prodotti del sottobosco, possiedono indubbie valenze ambientali e paesaggistiche, definite come ’esternalità positive’, sotto forma di protezione del suolo, tutela della biodiversità, miglioramento del paesaggio, offerta di aree turistico ricreative, ecc.

Attualmente uno dei possibili utilizzi economici delle foreste attualmente è rappresentato dal turismo che, negli ultimi trenta anni, grazie anche alla crescita economica e al conseguente aumento del tempo libero, uniti al degrado ambientale delle aree urbane, ha visto aumentare l’uso ricreativo e turistico dei boschi italiani, con un numero crescente di visitatori delle aree protette.

Va osservato, inoltre, che la presenza di ambienti naturali unici e con forti valenze turistico ricreative, possono giocare un ruolo sinergico, sia nel conservare e nell’accrescere il valore naturale e culturale delle aree montane, sia nel tracciare un percorso verso uno sviluppo sostenibile legato alle attività ecoturistiche.

Alla luce delle considerazioni appena fatte nasce l’idea del selviturismo, inteso come quella forma di turismo collegato all’insieme di attività sportive, ricreative e formative esplicabili in bosco.

Il bosco, infatti, con la sua lussureggiante vegetazione, rende i territori montani e collinari particolarmente interessanti dal punto di vista paesaggistico e turistico, in quanto, racchiude numerosi ecosistemi caratterizzati da una ricca componente biotica.

In questo contesto il selviturismo si pone come una delle attività in grado di migliorare e mantenere nella sua integrità funzionale non solo il bosco inteso come suolo e soprassuolo, ma anche come magnifico custode di ogni forma di vita animale e vegetale e come strumento di difesa della salute e del benessere della collettività. Basti pensare alle innumerevoli specie che vivono all’ombra delle foreste, rilevatesi utili in molti settori dell’economia umana; ed in particolare sotto il profilo farmaceutico, gastronomico e biologico, oltre alle molteplici discipline ed attività sportive che è possibile svolgere in bosco.

Il selviturismo si propone, inoltre, di portare a conoscenza dei turisti le peculiarità e le difficoltà della professione del selvicoltore offrendo loro la possibilità di vivere delle giornate tipo, in compagnia di professionisti del luogo che potranno insegnare alcune semplici nozioni che consentano di affrontare e risolvere le piccole difficoltà che in bosco si possono presentare. Nell’ambito di queste esperienze inoltre verrà data l’opportunità ai partecipanti di imparare a riconoscere alcune specie arboree, arbustive ed erbacce tipiche di un ecosistema foresta. Poche nozioni scientifiche basteranno ad individuare i frutti eduli, le piante officinali, le piante velenose, ecc.

Tale forma di turismo è rivolta, quindi, a un target di turisti che, muniti di scarponi e di zainetto, abbiano la capacità di meravigliarsi e di sorprendersi osservando la natura e tutto quello che è vivo e si trasforma, e che vogliano ’respirare’ e sentirsi parte integrante di questo mondo.

L’esodo progressivo non ancora cessato, dai territori montani e collinari, deve spingerci a trovare nuove soluzioni, orientate verso una selvicoltura in grado di assolvere contemporaneamente alla funzione produttiva e turistico-ricreativa alla luce del crescente interesse per la cosiddetta “vacanza attiva” verificatosi negli ultimi anni che ha reso possibile un più razionale sfruttamento delle risorse naturali, contribuendo ogni anno, a rendere sempre più numerose le presenze in tutti quei luoghi caratterizzati da importanti attrazioni ambientali.

L’ipotesi è dunque quella di accostare l’attività selvicolturale a quella turistica offrendo la possibilità di svolgere discipline sportive e formative sperando, così, in un rilancio del settore attraverso l’integrazione dei redditi delle attività silvo-pastorali, che con le loro problematiche stentano a decollare.

La selvicoltura del terzo millennio sarà chiamata ad assolvere altre funzioni che si sono aggiunte a quelle tradizionali: bioecologiche, paesaggistiche, igieniche, culturali e terapeutiche. Senza voler forzare troppo ed arrivare a proporre una nuova forma di selvicoltura, si può certamente dare al bosco un indirizzo prevalente per soddisfare esigenze diverse; spesso basterebbe solo chiarire che, qualunque sia la forma di selvicoltura praticata, tutte le funzioni sono sempre assolte, anche se alcune in forma più latente.

Il selviturismo si potrebbe proporre anche questo obbiettivo e, in conclusione, diventerebbe una forma valida di turismo, alternativa ad altre proposte turistiche, che il più delle volte utilizzano in maniera inadeguata ed irriguardosa, ai soli fini di un tornaconto economico, le grandi risorse del territorio agricolo-forestale.

Gemmoterapia

La gemmoterapia è una pratica terapeutica alternativa basata sull’utilizzo di estratti (chiamati gemmoterapici o gemmoderivati) ricavati a partire dai tessuti embrionali (meristematici) delle piante. I sostenitori della gemmoterapia ritengono che le peculiari sostanze contenute nei tessuti vegetali in accrescimento possano avere effetti benefici sull’organismo. Nonostante la gemmoterapia non sia una pratica riconosciuta dalla medicina ufficiale a causa della carenza di rigorosi studi clinici, le tecniche di preparazione dei gemmoterapici sono incluse in molte farmacopee nazionali e in quella europea.

L’utilizzo di gemme e altri giovani tessuti vegetali in terapia è già rintracciabile nei testi classici di medicina Ayurvedica e di medicina tradizionale cinese ma è solo neglia anni cinquanta del ‘900 che tale pratica fu introdotta in occidente come sistema terapeutico strutturato. Fu infatti medico omeopata belga Pol Henry che in questi anni si dedicò allo studio sistematico e sperimentale (prima sull’animale e poi sull’uomo) di estratti ricavati da gemme vegetali fresche. Definì tale metodica fitoembrioterapia decrivendola come “sistema terapeutico basato sull’energia potenziale dei vegetali.

Aromaterapia

L’aromaterapia può essere considerata un ramo della fitoterapia che usa gli oli essenziali, ossia le sostanze volatili e fortemente odoranti delle piante. Gli oli vengono estratti di solito tramite distillazione in corrente di vapore, che una volta raffreddato consente la separazione dell’olio essenziale dall’acqua; nel caso dell’epicarpo dei frutti del genere Citrus si utilizza anche la spremitura a freddo. Sostanze aromatiche estratte con altre metodologie (estrazione con solventi organici, estrazione con fluidi supercritici) non sono considerate da tutti gli autori come oli essenziali. I cosiddetti oli essenziali ottenuti dissolvendo resine e oleoresine in alcoli sono in realtà definiti come resinoidi[1][2][3]. Gli oli essenziali sono contenuti in strutture specifiche all’interno di vari organi della pianta. In alcuni casi solo alcuni organi ne sono ricchi, in altri tutti gli organi hanno percentuali significative di olio essenziale, in molti casi la composizione degli oli essenziali in diversi organi della stessa pianta hanno composizione differente. Tra gli organi dai quali si possono ottenere oli essenziali troviamo: foglie, fiori, petali, corteccia, legno, semi, pericarpi, radici[4][5].

Il termine aromaterapia ha significati diversi a seconda dei paesi in cui viene usato, per esempio in Inghilterra, Russia, negli USA e in Francia. Contrariamente alla vulgata, il termine aromaterapia non identifica esclusivamente l’utilizzo olfattivo degli oli essenziali, bensì comprende tutte le applicazioni: topica (massaggi, impacchi, applicazioni pure), inalatoria e orale. Una definizione generale da tutti accettata potrebbe essere questa: l’utilizzo degli oli essenziali per il mantenimento della salute o per la terapia. Per queste ragioni, e per la scarsezza di dati clinici l’aromaterapia è lontana dal poter essere definita come una vera terapia, con un corpus di testi canonici, modalità riconosciute, curriculum di studio standardizzati, ecc., anche se i materiali utilizzati dalla terapia e alcune delle modalità di utilizzo sono state sottoposte a studi clinici e farmacologici.

Cromoterapia

La cromoterapia

La cromoterapia ha origini antichissime, poiché le medicine tradizionali hanno sempre attribuito grande importanza all’influenza dei colori sulla salute e sullo stato d’animo dell’uomo.

Egizi, Romani e Greci praticavano l’elioterapia (esposizione alla luce solare diretta) per la cura di diversi disturbi.
In India la medicina ayurvedica ha sempre tenuto conto di come i colori influenzino l’equilibrio dei chakra, i centri di energia sottile che vengono associati alle principali ghiandole del corpo.

Anche i Cinesi affidavano il proprio benessere fisico all’azione delle varie tinte: il colore giallo serviva a rimettere in sesto l’intestino, il violetto ad arginare gli attacchi epilettici. In Cina, addirittura, le finestre della camera del paziente venivano coperte con teli di colore adeguato e il malato doveva indossare indumenti della stessa tinta. Negli ultimi anni la cromoterapia ha avuto un notevole sviluppo grazie ai numerosi studi scientifici che evidenziano l’influenza dei colori sul sistema nervoso, immunitario e metabolico.

Che cos’è?

La cromoterapia è una medicina integrativa (si integra facilmente ad altre terapie o trattamenti per potenziarne il risultato) che usa i colori per aiutare il corpo e la psiche a ritrovare il loro naturale equilibrio. I colori possono essere assorbiti dal nostro organismo in diversi modi:

attraverso le irradiazioni luminose fatte con speciali apparecchiature e filtri;
attraverso gli alimenti, ossia mangiando cibi con il loro colore naturale;
attraverso la luce solare poiché questa luce racchiude nel suo spettro tutti i colori;
attraverso l’acqua solarizzata, ossia irradiata con un’irradiazione luminosa di un preciso colore che la carica di quella energia;
attraverso gli abiti,
attraverso il bagno, quindi con acque colorate con essenze naturali o luci speciali;
attraverso la meditazione, seguendo precise tecniche;
attraverso la visualizzazione e la respirazione;
attraverso il massaggio con speciali prodotti e pigmenti colorati.

La cromoterapia ad irradiazione luminosa

Essa consiste nell’utilizzazione dell’energia delle onde elettromagnetiche della luce che, all’interno di una precisa lunghezza d’onda, penetra nei tessuti creando le condizioni di interagire con le cellule ripristinando l’equilibrio elettrico e chimico dell’omeostasi cellulare migliorandone le funzioni biologiche.

Anche questa cromoterapia non cura i sintomi ma scende alle radici dello squilibrio e non lascia, come alcuni farmaci, residui dannosi che il corpo deve faticosamente eliminare. Non ci si deve stupire di fronte al fatto che le irradiazioni colorate agiscono sui nostri stati emotivi, sull’andamento del nostro stato psichico e sul nostro corpo favorendo così l’equilibrio e il benessere fisico.

Proprio per questi motivi sempre più ricercatori e medici si stanno concentrando nello studio della cromoterapia e sempre più persone stanno ottenendo dei concreti e visibili benefici.
Anche secondo Christa Muths, esperta cromoterapeuta tedesca, i colori sono forza vitale e fonte di energia, se ne usufruiamo nel modo giusto. Le irradiazioni con fasci di luce colorata, quindi, sono in grado di stimolare la formazione delle cellule del corpo e influire su nervi e organi.

Per quanto riguarda le tecniche per lavorare con questa tipologia di cromoterapia possiamo annoverare:

la cromoterapia classica che consiste nell’irradiare con uno specifico colore e per un determinato periodo di tempo le zone del corpo interessate dal disturbo o quelle riflesse;
la cromopuntura che consiste nel concentrare l’irradiazione sui punti energetici del corpo ossia quelli più ricettivi (meridiani, chakras);
“bagno” di colori e di luce che consiste nell’irradiare con uno specifico colore e per un determinato periodo di tempo tutto il corpo al fine di determinare una completa rigenerazione cellulare;
bagno cromatico di acqua che consiste nell’eseguire un vero e proprio bagno con l’acqua che viene irradiata con uno specifico colore, e quindi caricata di una precisa energia, per un determinato periodo di tempo;
l’acqua solarizzata che consiste nell’irradiare dell’acqua naturale, posta su un contenitore di vetro bianco, per un determinato periodo con un specifico colore per poi berla;
alimenti o abiti energizzati: irradiare degli alimenti o dei panni con un specifico colore per un determinato periodo di tempo rispettivamente per mangiarli o per indossarli.

Naturopatia

La naturopatia

Naturopatia ovvero “Vis medicatrix naturae”, il potere di guarigione della natura, e la sua capacità di mantenere l’equilibrio all’interno di un corpo e tra i vari esseri viventi. L’organismo è programmato per la VITA in salute e benessere e attua, se glielo permettiamo, quei processi vitali insiti in ognuno: riposo, digiuno, febbre, sudorazione, suppurazione, pianto, riso, fame, sete ecc.

Normalmente tutto ciò viene soppresso in ogni modo, essendo stato alterato il senso profondo di sintomo-malattia-guarigione-benessere. Ad esempio, appena compare un raffreddore, sintomo riconosciuto del bisogno di sfogo dell’organismo da un eccesso di liquidi, in termini fisici, e di tensione, per quanto riguarda la mente, si sopprime con un rimedio, sia esso allopatico, omeopatico o altro, costringendo l’intero sistema a trovare un altra via di scarico, magari più violenta.

La Naturopatia, invece, ci insegna fondamentalmente a ritrovare il contatto e l’ascolto con NOI stessi nel modo più intimo, che ci permette di capire dove stiamo esagerando e se questo non avviene, al meno di comprendere l’errore commesso, e permettere all’INTELLIGENZA di ripristinare l’ARMONIA, come é più opportuno.

Ci sono vari rimedi per sostenere i processi di autoguarigione: Il Riposo, Il Digiuno, Il Clistere, L’argilla, L’urina, Il Cibo, L’idroterapia, L’aromaterapia, La Cromoterapia, L’Oligoterapia, La Riflessologia Plantare, La Fitoterapia, il Massaggio, Il Trattamento Energetico, La Kinesiologia, I Rimedi Floreali…

Il NATUROPATA é un operatore professionista che opera autonomamente nel campo socio-sanitario. La sua attività è finalizzata alla conservazione dell’equilibrio energetico dell’uomo e non alla cura delle malattie. Tale attività si fonda su :

la Rieducazione alla salute delle persone.
Osservazione sistematica delle manifestazioni globali dell’essere umano.
Di conseguenza, il Naturopata è un operatore che ha il ruolo professionale di educatore e guida delle persone verso la presa di coscienza del proprio stato di salute. L’operatore deve essere in grado di riconoscere, secondo etica e coscienza, quando si presentino situazioni non di sua competenza professionale. (Art.5 – estratto dallo Statuto dell’Unione Naturopati)

VI INFORMIAMO CHE QUANTO ESPOSTO HA UNO SCOPO ESCLUSIVAMENTE INFORMATIVO, NON È UN INCORAGGIAMENTO ALL’AUTO-MEDICAZIONE O ALL’AUTO-DIAGNOSI, INFATTI DIAGNOSI E TERAPIA SONO DI COMPETENZA ESCLUSIVAMENTE DEL PROPRIO MEDICO CURANTE, IL QUALE VA SEMPRE INTERPELLATO DA CHIUNQUE ACCUSI UNA SINTOMATOLOGIA O UNA QUALSIVOGLIA PATOLOGIA.

Medicina naturopatica oppure Naturopatia è la pratica in cui si utilizzano rimedi “naturali” al fine di mantenere o ristabilire la salute di un paziente. Emerge come arte terapeutica nel 1892 negli USA.
Il significato odierno più accreditato della parola “Naturopatia” è sentiero, via, strada della natura per mantenere o ripristinare lo stato di benessere. Il termine fu coniato nel 1895 dall’americano John Scheel, medico di New York, ed ha le sue radici nelle parole inglesi “nature” e “path”, da cui “nature’s path”, “sentiero della natura”.
Controverso rimane il significato etimologico fatto risalire alla parola latina “natura” ed alla parola greca “pathos” (simpatia, empatia, sentimento, sofferenza) il cui risultato più logico sembrerebbe essere “empatia con la natura”.
Non esistono derivazioni dalla parola “omeopatia” che peraltro designa una dottrina completamente diversa dalla naturopatia se non per la visione olistica dell’individuo che le accomuna.

Nel 1902 Scheel autorizza Lust, discepolo di padre Kneip trasferitosi dalla Germania negli USA nel 1892, ad utilizzare il termine Naturopatia per descrivere la raccolta eclettica di dottrine sulla guarigione naturale.
Tale termine,si è diffuso negli USA, nel Regno Unito e nel Commonwealth, ed è stato anche riconosciuto dall’OMS; esso rappresenta la medicina naturopatica quale applicazione dei principi curativi della natura (acqua, sole, terra, cibo ecc.) nel contesto delle conoscenze moderne.

La naturopatia sostiene che curare significhi portare ad un riequilibrio energetico della persona. La malattia é conseguenza di uno squilibrio energetico, la correzione di tale squilibrio determina la scomparsa dei sintomi.

La naturopatia differisce dalla quella che i naturopati chiamano medicina allopatica (ovvero la medicina tout court) in quanto:

  • considera la malattia conseguenza di uno squilibrio energetico (principio proprio della Medicina Tradizionale Cinese)
  • ha un approcio “olistico” nei confronti del paziente (“completo”, teso ad una valutazione globale). La valutazione del singolo caso non si basa sull’esame del/dei sintomi ma sull’esame di tutti i comportamenti della persona (es. stili di vita, componenti geobiologiche dell’abitazione) al fine di individuare ed eliminare quelli originanti lo squilibrio energetico.

Il riequilibrio energetico può essere attuato anche tramite specifiche tecniche di massaggio che si basano sugli stessi principi dell’agopuntura nella Medicina Tradizionale Cinese: la stimolazione di specifiche aree corporee é attuata con metodi non invasivi (es. digitopressione) sulle stesse aree sottoposte a stimolazione con la tecnica agopuntoria.

La naturopatia non si pone come sostituto della cosiddetta medicina allopatica ma come stumento alternativo o complementare in una ottica secondo cui l’approccio alla malattia può essere attuato con modalità di intervento differenti ed aventi azione sinergica. I naturopati, ad esempio, non sostengono di poter eliminare il cancro piuttosto sostengono di poter contribuire a prevenirlo integrando le terapie.

In Paesi della Comunità Europea (es. Germania) il naturopata svolge la sua attività all’interno di strutture sanitarie pubbliche intervenendo in patologie di estrema gravità (es. mielolesioni).

Naturopatia tradizionale e medici naturopati

Ci sono due gruppi, definiti naturopati, in continuo conflitto tra loro. Essi sono:

Naturopati tradizionali
Medici naturopati (o naturisti)

Naturopati tradizionali

I Naturopati tradizionali si autodefiniscono seguaci di tradizioni curative antenate. Lasciano volentieri alla medicina ufficiale la cura di traumi, disordini genetici e congeniti, infezioni, neoplasmi e tutte le malattie e disordini acuti. Si astengono dal fare diagnosi.
Si autodefiniscono per questo motivo complementari e usano le più svariate tecniche e metodi alternativi (non compatibili con i nostri concetti biologici). Il naturopata tradizionale applica diete e pratiche del “modo di vivere”, combinato con erbalismo, lavoro corporeo, esercizi spirituali e mentali.
Lavora con persone che desiderano riimpostare la loro salute con questi mezzi, e non, o meno, con ammalati clinici.
Inoltre usa rimedi non specifici per determinate patologie. Del resto non è possibile abbinare specifiche tecniche curative, perché trattandosi di liberi professionisti, ognuno fa e inventa ciò che gli pare.
 
Medici naturopati o naturopathic doctors

I Medici naturopati (o medici naturistio naturopathic doctors), da non confondere con i medici-chirurghi , hanno una licenza o una registrazione, basata su studi in medicina biologica occidentale. Curano prevalentemente malattie e disagi cronici e banali e disordini psicosomatici.

I loro strumenti terapeutici sono prevalentemente:

  • Sostenere le forze auto-guaritrici dell’organismo
  • Identificare e curare la causa del disagio o della malattia
  • Primum nihil nocere (tradizionalisti) oppure il minor danno (medici naturopati).
  • Curare la persona e non la malattia
  • Fungere come insegnante della salute
  • Prevenire le malattie

Sostenere i metodi di auto-guarigione dell’organismo

L’organismo dispone di strumenti di auto-guarigione, p. e. nel sistema immunitario, plasticità nervosa, rigenerazioni tessutali e altri. Il naturopata tenta di sostenerli.

Identificare e curare la causa del disagio o della malattia

La causa della malattia o del disagio deve essere rimossa per arrivare a una completa guarigione. Può avere diverse radici: fisiche, chimiche, metaboliche, genetiche, emotive, sociali, mentali, spirituali e altri.
Il naturopata oltre a curare i sintomi, si impegna, quando è possibile, a minimizzare le cause del malessere.

Primum nihil nocere oppure il minor danno

I naturopati tradizionalisti insistono sul “nihil nocere”. Pur di non usare rimedi con “effetti collaterali” fanno sì che, a volte, la malattia peggiori, ritenendo comunque di essere nel giusto. I medici naturopati sono più pragmatici: valutano il minor danno per il paziente tra malattia e cura, al prezzo di ritenersi responsabili in caso di errore o di valutazioni contrastanti.

Curare la persona integralmente

I naturopati criticano spesso la specializzazione della medicina ufficiale che cura sistemi, organi e malattie e si oppone alle cure che coinvolgono la persona in tutte le sue dimensioni fisiche, emotive, mentali e sociali.

Fungere da insegnante

Un ruolo importante del naturopata è quello di insegnare al paziente:

  • il funzionamento della sua malattia
  • i fattori che la stimolano e quelli che la inibiscono
  • gli strumenti per agire e reagire a loro

Questa cooperazione dovrebbe portare il paziente, a responsabilizzarsi per quanto riguarda la propria salute. Tale processo richiede molto tempo e pazienza.

Prevenire

Il sostenere la sanità, più che il combattere la malattia, è un traguardo elementare del naturopata. Questo induce una prevenzione individuale, basata su pregi e difetti delle caratteristiche di un determinato organismo, in un dato contesto sociale.

Valutazioni

Un crescente numero di pazienti nelle nazioni benestanti cercano sostegno nella medicina naturopatica e da naturopati, in seguito a quello che chiamano “il fallimento della medicina occidentale”. Ma la maggior parte di loro si serve sia della medicina ufficiale per patologie serie e acute, sia della naturopatia per malattie croniche, psicosomatiche, banali, disagi, prevenzione e istruzione sanitaria. Segno che la medicina ufficiale non è molto concorrenziale in questi punti.
La medicina ufficiale è critica riguardo la medicina naturopatica, perché ritiene che diversi casi di pazienti lesi o morti, siano imputati a cure contro patologie serie, fatte con rimedi naturopatici non appropriati e senza ricorrere al medico dottore.

Fototerapia

La fototerapia

La fototerapia consiste nell’esposizione programmata di un individuo ad una fonte di luce artificiale ad alta intensità luminosa.
L’unità di misura della quantità di luce è il lux (lm/mq). In pratica, 100 lux equivalgono alla quantità di luce emanata da una lampadina da 100 watt e guardata da una distanza di un metro e mezzo in una stanza priva di altre fonti di illuminazione. All’esterno, normalmente durante una giornata di sole, si possono misurare valori di illuminamento compresi tra i 50.000 e i 100.000 lux.
I principali studi con la Terapia con la Luce sono stati effettuati con un illuminamento di 2.500 – 3.000 lux a livello dell’occhio. Successive verifiche hanno messo in evidenza come l’effetto terapeutico non si modifichi superando i 10.000 lux.

Come agisce

La luce colpendo gli occhi giunge nella retina dove viene convertita in impulsi elettrici da milioni di cellule chiamate fotorecettori. Questi impulsi viaggiano lungo il nervo ottico e giungono al cervello dove stimolano l’ipotalamo che a sua volta invia i messaggeri chimici chiamati neurotrasmettitori a regolare le funzioni autonome dell’organismo.

Floriterapia

La floriterapia

La Floriterapia è stata annessa fra le Medicine Alternative dall’OMS dal 1976. Rappresenta una branca emergente della medicina biologica, che si avvale di una serie di essenze naturali preparate a partire da fiori silvestri.
Lo studio delle proprietà curative dei fiori, patrimonio di antiche tradizioni mediche di diverse parti del mondo, fu particolarmente curato, per la prima volta in chiave moderna ed originale, dal medico gallese Edward Bach, fra gli anni 1926 e 1934.

La modalità di preparazione, pur essendo riconosciuta dalla farmacopea omeopatica inglese, è diversa dalla classica preparazione dei rimedi omeopatici, perché non si avvale né della succussione Hahnemanniana, né della diluizione a flusso Korsakoviana. L’infusione finale ha una particolare “informazione di campo” in grado di entrare in risonanza con il nostro organismo.

Cosa sia in floriterapia questa informazione in termini fisici? lo stiamo ancora studiando: un campo elettromagnetico, un dominio di coerenza nei cluster dell’acqua, un campo di forza con orientamento di spin nucleari?
La scienza ha già in gran parte dimostrato come un’informazione può essere catturata dalle strutture paramagnetiche e piezoelettriche del corpo umano, per formare dei “domini di coerenza”, degli “attrattori caotici”, e sicuramente i rimedi di cui stiamo parlando sono degli “attrattori”, dei “risuonatori” in grado di agire sulla mente e sul corpo.

L’esperienza con i Fiori di Bach vi aiuterà a scoprire le vie per accedere alle vostre risorse d’ispirazione creativa più profonde, e ad aprire delle strade per il completo potenziale di autoespressione.
E’ un viaggio di autoconoscenza ed -eventuale- espressione artistica, combinando il lavoro corporeo, della voce, la meditazione, le visualizzazioni guidate, il lavoro con i sogni, potrete aprire e liberare dimensioni sconosciute del vostro essere e accedere a grandi fonti d’ispirazione creativa, orientamento, guarigione e piena autoespressione.

L’approccio prende due direzioni principali: Verso l’interno per trovare un accesso profondo alla coscienza dell’anima. Il lavoro interno calma la mente razionale e permette di accedere ad una intelligenza, creatività e autocoscienza più profonde, che rende possibile l’apprendimento verso il Cambiamento. Verso l’esterno, per liberare l’espressione dell’immaginario, saggezza, desideri, aneli, ecc.
Esercitandoci per liberare restrizioni, tensioni, ed energia emozionale bloccata nel corpo e nella mente, possiamo iniziare a liberare il potere e l’autenticità del nostro essere più espressivo.

La grande scoperta – I Fiori di Bach sono una serie di 38 essenze naturali (più un composto, il Rescue Remedy), che comprendono la scala di 38 schemi comportamentali negativi archetipici e universali della natura umana, indipendenti dall’età, dal sesso e dalla razza.
Sono essenze estratte dai fiori selvatici del Galles che hanno proprietà curative. Furono scoperte fra il 1926 ed il 1934 dal Dott. Edward Bach, che elaborò una teoria secondo cui l’uomo è considerato in modo tridimensionale, una totalità integrata di tre livelli strutturali: mentale, emozionale-spirituale, e fisico.

Tutti i concentrati floreali si possono combinare tra loro in qualsiasi modo, a seconda delle esigenze individuali. Di regola è sufficiente un numero da 4 a 7 fiori. Per una combinazione da somministrazione che comprenda sei Fiori di Bach esistono ben 2.760.681 possibilità!

Generalità – Si tratta di fiori, cespugli e alberi non coltivati, atossici, non utilizzati per l’alimentazione umana e per lo più di aspetto modesto.
Si raccolgono allo stato selvatico in determinati luoghi non contaminati dall’uomo, altrimenti perdono ogni proprietà guaritrice.
Grazie alla capacità di sprigionare “energie”, hanno la capacità di agire direttamente sul nostro sistema energetico con un processo naturale, favorendo la comunicazione col nostro senso spirituale, inondando la nostra spiritualità con le virtù di cui abbiamo bisogno e purificando le alterazioni caratteriali che sono all’origine delle nostre sofferenze.
La loro azione è rivolta al sistema nervoso.

Stati d’animo negativi – Orgoglio, crudeltà, odio, egoismo, avidità, gelosia, invidia, sospetto, rancore, paure, inquietudini, ansie, scoraggiamento, incertezza, sfiducia, fobia, instabilità, solitudine, apatia, eccessivo altruismo, ed altri difetti caratteriali, ostacolano la nostra progressione verso la perfezione, la ristrutturazione spirituale, la purificazione e lo sviluppo consapevole della personalità.

Stati d’animo negativi – Orgoglio, crudeltà, odio, egoismo, avidità, gelosia, invidia, sospetto, rancore, paure, inquietudini, ansie, scoraggiamento, incertezza, sfiducia, fobia, instabilità, solitudine, apatia, eccessivo altruismo, ed altri difetti caratteriali, ostacolano la nostra progressione verso la perfezione, la ristrutturazione spirituale, la purificazione e lo sviluppo consapevole della personalità.

La Guarigione – Non c’è vera guarigione senza un equilibrio nel modo di vivere, senza la pace e la gioia interiori. Con la Floriterapia gli stati d’animo negativi vengono inondati da “vibrazioni” energetiche armoniche superiori, ripristinando il conflitto fra le aspirazioni dell’anima e i desideri della personalità.
La guarigione si sviluppa così attraverso sette passi, in ordine ascendente: pace, speranza, gioia, fede, certezza, saggezza, amore. Per guarire il corpo dunque occorre curare la mente.

Prevenzione – A questo punto si può dedurre che l’infermità si può anche prevenire, ed è nostro dovere farlo, scegliendo di coltivare stati d’animo costruttivi.

Diagnosi – Si dividono in rimedi tipo, cioè propri della personalità del soggetto, e in rimedi di aiuto, da usarsi secondo le situazioni momentanee.
Alcuni rimedi floreali sono ‘tipologici’, si applicano cioè alla costituzione e allo specifico temperamento della persona. Altri invece si prescrivono in situazioni di disagio provvisorio, a seconda delle variazioni dell’umore e delle emozioni di un determinato momento.
Occorre perciò essere attenti alla elasticità degli stati d’animo che possono cambiare frequentemente, imparare a scavare con delicatezza tra le pieghe dei propri sentimenti.

Bisogna però evitare di cadere nella tentazione di automedicarsi quando non si è pienamente consapevoli di sé; la scelta errata dei rimedi floreali può condurre a risultati deludenti e a giudizi errati e ingiusti sulla terapia stessa. Ricordiamo per ultimo che chi mente a se stesso in un certo senso nega la guarigione e cronicizza le proprie tendenze caratteriali negative.

La diagnostica dunque, poiché i rimedi di Bach si rivolgono agli stadi mentali, è piuttosto fine, richiede colloqui di oltre un’ora da parte del terapeuta che, su basi medico cliniche e del colloquio psicologico, armato di sensibilità, apertura ed abilità tecnica nell’andare oltre le parole, guiderà il paziente a conoscersi in modo autentico, a rendere più consapevoli i suoi difetti, a ricercare ciò che crea disagi e tensioni nella vita intima e nel comportamento verso i propri simili e verso se stesso.

L’esperto, operando con tutta la dedizione possibile, offrirà al paziente un’atmosfera di assoluta fiducia e lo coinvolgerà nel processo diagnostico, aiutandolo ad interpretare istinti, emozioni e pensieri, individuando le emozioni e le condizioni mentali negative che stanno a monte dei disturbi organici e che aprono la porta all’infermità, aiutandolo a riconoscere il suo stato o la sua malattia come parte legittima della personalità, a capirne il significato e ad assumersene interiormente la responsabilità, senza condannare.
Accompagnerà inoltre la crisi di consapevolezza.

Il Cambiamento – Si deve aspirare coscientemente a un cambiamento e sapere che in noi si verificherà una positiva trasformazione. I mutamenti sono tenui e graduali e consistono prima di tutto in un cambiamento dell’umore fino a un benessere completo (è necessario considerare che le condizioni che si sono create nell’organismo nel corso degli anni non possono essere abolite dall’oggi al domani).

Bisogna aspettare il processo di purificazione e chiarificazione con interesse e amore, solo così verrà accelerato. In tanto la personalità si affinerà sempre più con un atteggiamento di fondo positivo.

Con i Fiori di Bach si lascia agire la Natura stessa, e col tempo si assiste ad una graduale armonizzazione e sviluppo della personalità.
La guarigione nelle malattie croniche, può avere inizio con sorprendente velocità. Gli individui che di fronte al mondo immateriale sono aperti e interessati, reagiscono ai fiori più rapidamente di coloro che rifiutano per principio tali pensieri, o che vogliono inconsciamente mettere a tacere la voce del proprio Io Superiore, magari perché tendono a reprimere i loro problemi. Gli anziani, specialmente se soffrono di malattie croniche, reagiscono di regola un po’ più lentamente ai fiori.

Durata del trattamento – Le essenze floreali vanno prese finché dura lo stato di sofferenza o di squilibrio; i disturbi cessano quando il rimedio ha agito, e perciò non è più necessario. Dunque è garantita la completa assenza di rischio di assuefazione.
Non interferiscono con i farmaci tradizionali o con quelli omeopatici, e non provocano effetti indesiderati. Bambini, anziani, adolescenti, donne in gravidanza, possono farne uso sicuro. Addirittura si somministrano con successo a piante e animali.
Quello che può presentarsi a volte è una prima reazione di intensificazione dei sintomi, specie quando un pensiero doloroso e represso per anni, entra improvvisamente nel pieno della coscienza.

Fiori di Bach e Psicoterapia – Questa fruttuosa combinazione a volte rappresenta la svolta decisiva, perché le cause profonde della malattia diventino interiormente accessibili al paziente.

Finalità della terapia floreale: lo scopo non è il cambiamento, ma lo sviluppo della personalità. Il metodo si ispira al messaggio: “sii te stesso, diventa chi sei”.
L’obiettivo è quello di superare i blocchi spirituali per ristabilire la comunicazione con la parola anima, altrimenti detta IO SUPERIORE, scintilla divina o medico interiore, attraverso: la riarmonizzazione degli schemi di comportamento negativi, per esempio passando dall’irritabilità alla pazienza, allo scopo di ottenere la riattivazione delle capacità di autoguarigione psichiche e fisiche, in base al principio “guarisci te stesso”.

Le indicazioni terapeutiche dei Rimedi Floreali sono sicuramente ed in prima istanza, indicazioni volte a correggere il disagio emotivo.
I Rimedi sono molto consigliati per le crisi d’ansia, per la depressione di grado lieve-moderato, per alcune forme di fobia, per l’insonnia ed i disturbi psicosomatici.
Ma anche molto interessanti sono gli effetti di riequilibrio che i Rimedi Floreali esprimono sui disagi emotivi e sui sentimenti reattivi ad importanti problematiche organiche quali: l’infarto, il cancro, l’AIDS, ecc.
Ultimamente si stanno inoltre scoprendo molte applicazioni di natura strettamente e primariamente fisica nell’ambito dell’utilizzo dei Rimedi Floreali: cura del dolore, delle infiammazioni, delle reazioni allergiche, del prurito e così via.
Oltre ad agire profondamente sulla mente, numerosi rimedi floreali hanno infatti, anche effetti fisici interessanti; ci sono dei Fiori ed effetto revulsivo sui traumi o sulle infiammazioni, altri rimedi che agiscono sugli eczemi allergici o sulla tosse, altri ancora sul raffreddore o sulla cellulite.

Ma come funzionano?
Edward Bach (1886-1936) era un medico e batteriologo di origine gallese affermato e stimato. Aveva, in più, il dono della semplicità d’animo, attenzione e amore per tutto quello che gli stava intorno. Notò così che spesso le persone stanno male in conseguenza di disarmonie, di scompensi profondi derivati dall’esterno: l’educazione ricevuta, i traumi subiti, i rapporti individuali e sociali non equilibrati.
E, nelle lunghe passeggiate in campagna, osservando la vegetazione spontanea, notò anche il comportamento delle singole specie di piante: la determinazione a vivere nonostante condizioni ambientali ostili, la capacità di difendersi, di superare le varie difficoltà.
L’ Impatiens, ad esempio, quando viene toccata apre le capsule che contengono i semi e li schizza lontano, per garantirsi la riproduzione.

Fitomedicina

La fitomedicina

La Fitomedicina, di cui la fitoterapia è l’applicazione pratica, è la disciplina medica che si serve delle piante e dei loro derivati per scopi medico-terapeutici.
Non è considerata una medicina alternativa vera e propria in quanto i principi attivi contenuti nelle piante sono riconosciuti e sfruttati anche dalla medicina scientifica tradizionale.
Non tutta la medicina popolare può essere inclusa nella Fitoterapia perchè molte conoscenze tradizionali ed empiriche sono state nel tempo confermate, smentite o modificate dalle verifiche scientifiche (studi farmacologici, trials clinici, fitosorveglianza, farmacovigilanza, etc.)

Le piante sono le principali fornitrici di sostanze medicamentose. Non potendo sfuggire ai loro predatori, per proteggersi esse hanno dovuto sviluppare innumerevoli sostanze repellenti, tossiche, ormonoregolatrici, digestionevarianti ecc. La medicina popolare si serve di queste sostanze da tempi immemorabili. Ippocrate citava il rimedio come terzo strumento del medico accanto al tocco e alla parola.
Un classico esempio di rimedi fitoterapici è dato dagli olii eterici o essenziali prodotti dalle piante, che servono a loro stesse come fungicidi, battericidi, virostatici, pesticidi e come difese fetenti.

Un’altra classe sono le sostanze che modificano la fisiologia dell’apparato digerente del predatore: lassativi e congestivi; un’altra classe ancora sono sostanze che variano il sistema ormonale o i trasmettitori neuronali di predatori come alcaloidi ecc.
L’arte di preparare fitorimedi, l’antica disciplina dei farmacisti o speziali, si chiama “Galenica” (dal nome del medico dell’antichità Galenus).

Il prezioso aiuto che le piante possono dare alla terapia è fuori discussione e nulla ha a che fare con lo sfruttamento promozionale di piante ed erbe di cui si vantano proprietà terapeutiche non documentate e di cui si ignorano i pericoli da lievi a mortali. La grande carenza di una regolamentazione, frenata da evidenti interessi commerciali, contribuisce alla confusione.
E’ bene che la gente si renda conto che la equazione “naturale=benefico” è solo un tranello per coinvolgere la gente semplice che ha qualche problema.
Rileva il Direttore del Mario Negri che anche i virus sono naturali. Aggiungiamo che i funghi velenosi, che sono naturali e di buon sapore, possono uccidere.
La fitoterapia richiede competenza e serietà ed esclude l’autoprescrizione se non si vuole incorrere in grossi guai.

Dentroterapia

La dentroterapia

Per “DENDROTERAPIA” dal greco Dendron (Albero) e Terapeia (Cura guarigione) potremmo definire quell’insieme di pratiche mediche, usate dalle popolazioni sin dalla preistoria , che prevede l’utilizzo di piante (Arbustive e Arboree) o anche parti di esse, ivi comprese radici, foglie, frutti ecc. per utilizzarle nella cura delle malattie o per il mantenimento del benessere fisico e psichico dell’uomo.
Per terapia sono comprese tutte quelle misure atte allo scopo di:

  • riportare uno stato patologico a uno stato sano;
  • rendere sopportabile la manifestazione di sintomi dolorosi;
  • cercare di eliminare qualsiasi forma di disagio.

Per praticare una terapia ovviamente siamo gia di fronte ad una patologia da Patos (Malattia, sofferenza) e logos (discorso,trattato)
Per patologia si intende una qualunque malattia, sia dell’uomo che degli animali o delle piante. La Patologia è anche la disciplina della medicina che si occupa dello studio delle malattie,
Qualsiasi terapia, quindi, dipende dalle definizioni di salute, patologia e dagli strumenti diagnostici a disposizione per distinguerle tra di loro. Queste definizioni, al momento non sono per niente chiare su “ Dove finisce la salute e dove inizia la sofferenza”.
Ippocrate considerato il Padre della Medicina, citava come strumenti terapeutici del medico:

  • Tocco
  • Rimedio
  • Parola

La tradizione popolare ritiene sano chi non ha dolori, febbre o altri disagi duraturi, tanto da impedirgli di svolgere le proprie funzioni. Le “funzioni” dipendono (sempre secondo la tradizione popolare) maggiormente dall’età e dai ruoli sociali. Questa definizione ha il vantaggio di essere di “buon senso” e lo svantaggio di essere poco quantificabile.

Si definisce medicina popolare l’insieme delle pratiche paramediche e mediche delle quali si serve la gente per curare piccoli malanni e per sopperire ai bisogni sanitari familiari senza ricorrere alla medicina convenzionale (accademica, dotta). In pratica si tratta di una medicina laica, complementare a una medicina canonica.

La medicina popolare (contemporanea, della nostra cultura) è il modo, come la gente senza particolare istruzione sanitaria affronta i propri danni e malanni. In maniera riduttiva è spesso chiamata “automedicazione” anche se non si tratta unicamente di “medicazione” ma bensì di utilizzare praticamente tutte quelle “medicine” e “terapie” non convenzionali: (complementari, alternative).

VEDASI NATUROPATIA

VI INFORMIAMO CHE QUANTO ESPOSTO HA UNO SCOPO ESCLUSIVAMENTE INFORMATIVO, NON È UN INCORAGGIAMENTO ALL’AUTO-MEDICAZIONE O ALL’AUTO-DIAGNOSI, INFATTI DIAGNOSI E TERAPIA SONO DI COMPETENZA ESCLUSIVAMENTE DEL PROPRIO MEDICO CURANTE, IL QUALE VA SEMPRE INTERPELLATO DA CHIUNQUE ACCUSI UNA SINTOMATOLOGIA O UNA QUALSIVOGLIA PATOLOGIA.

Medicine di montagna

1) Il Ginkgo Biloba serve o no nel mal di montagna acuto? (di Oriana Pecchio)
 

Due lavori pubblicati recentemente sembrano dire che Ginkgo Biloba non serve nel mal di montagna acuto. Il primo (nota 1) riguarda uno studio su 487 trekker.
Tra Periche e Lobuche, sulla via per il campo base dell’Everest, ai trekker veniva dato, a caso, Ginkgo Biloba (120 mg di estratto secco, due volte al giorno) o un placebo o Acetazolamide (Diamox 250 mg 2 volte al giorno) o Acetazolamide e Ginkgo insieme.
Il gruppo placebo e il gruppo che assumeva Ginkgo Biloba avevano un’incidenza di mal di montagna acuto paragonabile e il gruppo che assumeva Ginkgo e acetazolamide insieme aveva più sintomi di quello che assumeva solo acetazolamide.
Su questo grosso campione i ricercatori concludono che il Ginkgo non è efficace nel prevenire il mal di montagna acuto.

Ad analoga conclusione è giunto un altro gruppo di ricercatori (nota 2) che ha verificato il potere di prevenire il mal di montagna acuto del Ginkgo, confrontandolo con acetazolamide e con un placebo, in un gruppo di soggetti portati a 3800 metri per 24 ore. In entrambi questi studi il Ginkgo era somministrato acutamente e per un solo giorno, nel primo addirittura quando i trekker si trovavano oltre i 4000 metri. In precedenti studi il Ginkgo era stato somministrato prima di salire in alta quota e più a lungo.

Altri ricercatori (nota 3) hanno infatti osservato che in ipossia simulata le stesse dosi di estratto secco della pianta (120 mg due volte al giorno per 5 giorni) riducono i sintomi di AMS agendo sul metabolismo dell’ossido nitrico, un potente vasodilatatore prodotto in risposta alla vasocostrizione indotta dall’ipossia.
Una risposta definitiva sull’utilità del Ginkgo Biloba non sembra ci sia ancora.

Bibliografia:
-1- Gertsch JH, Basnyat B, Johnson EW, Onopa J, Holck PS Randomised, double blind, placebo controlled comparison of ginkgo biloba and acetazolamide for prevention of acute mountain sickness among Himalayan trekkers: the prevention of high altitude illness trial (PHAIT). BMJ. 2004 Apr 3;328(7443):797. Epub 2004 Mar 11.

-2- Chow T, Browne V, Heileson HL, Wallace D, Anholm J, Green SM Ginkgo biloba and acetazolamide prophylaxis for acute mountain sickness: a randomized, placebo-controlled trial. Arch Intern Med. 2005 Feb 14;165(3):296-301.

-3- Jowers C, Shih R, James J, Deloughery TG, Holden WE. Effects of Ginkgo biloba on exhaled nasal nitric oxide during normobaric hypoxia in humans. High Alt Med Biol. 2004 Winter;5(4):445-9.

2) Riabilitazione e traumatologia dello sport (di Oriana Pecchio)

Torino post olimpica ha ospitato l’1 e 2 aprile il XV “Congresso internazionale di riabilitazione e traumatologia dello sport”, dedicato alla riabilitazione negli sport invernali e di montagna, Al congresso, organizzato da Isokinetic (www.isokinetic.com) e patrocinato dall’Università di Torino, presidente Fabrizio Tencone e direttore scientifico Giulio Sergio Roi, erano presenti circa cento relatori provenienti da diversi paesi europei, Stati Uniti e Giappone.
Hanno portato la loro esperienza su riabilitazione, allenamento e studio delle attività sportive invernali e di montagna, a circa 700 iscritti, medici, fisioterapisti e laureati in scienze motorie.

I limiti della prestazione sportiva si spostano sempre più in alto, insieme all’evoluzione delle attrezzature sportive ed a cambiamenti dei terreni di gara, con mutamenti nell’incidenza e nella tipologia degli infortuni: nello sci per esempio sono aumentate le lesioni ai legamenti del ginocchio e diminuite le fratture degli arti inferiori.
Contemporaneamente le tecniche chirurgiche per riparare le lesioni traumatiche sono progredite, si sono sperimentate nuove protesi e le tecniche riabilitative sono state sviluppate per recuperare le articolazioni al 100% e permettere la ripresa dell’attività sportiva.

Richard Steadman della Steadman-Hawkins Research Foundation di Vail in Colorado, che ha seguito sciatori pluri medagliati in più di trent’anni di attività, nella sua lezione magistrale ha sottolineato il ruolo chiave della mobilizzazione dell’articolazione del ginocchio fin dall’immediato post operatorio, per ottenere il ritorno all’attività agonistica mediamente in sei mesi.

La montagna non è però solo luogo di “incidenti”: un simposio ha posto l’accento su come l’ambiente montano diventi sempre più luogo adatto alla riabilitazione di pazienti portatori di patologie croniche, cardiopatici, diabetici, bambini asmatici, e serva a migliorare o mantenere la forma fisica. Sull’onda del successo dei giochi paralimpici, un secondo simposio è stato dedicato alla riabilitazione e alla traumatologia degli atleti disabili praticanti sport invernali.

3) Donne e montagna: consigli particolari? (di Oriana Pecchio)

La cefalea primaria è una patologia che affligge le donne 3 volte più degli uomini (a bassa quota, in generale). Della cefalea collegata alla frequentazione della montagna ha parlato Guido Giardini, neurologo dell’ospedale di Aosta, in occasione del convegno di medicina di montagna, tenutosi al Palamonti di Bergamo lo scorso sabato 27 maggio 2006.

La cefalea è anche il sintomo cardine per la diagnosi del mal di montagna acuto, che può colpire chi si reca rapidamente in alta quota, anche sulle nostre montagne, sopra i 2500 – 3000 metri, e l’ipossia, cioè la diminuzione dell’ossigeno nell’aria, può scatenare delle crisi emicraniche, in chi già ne soffre.

Cosa si può consigliare a una donna già afflitta da mal di testa a bassa quota che intenda recarsi in montagna?
“Consiglierei una visita specialistica e gli esami del caso per una diagnosi precisa del tipo di cefalea – risponde Guido Giardini – ed eventualmente uno studio approfondito della coagulazione. Inoltre la avviserei della possibilità che il mal di testa peggiori. In alta montagna è consigliabile non fare uso della pillola estroprogestinica o, se proprio necessario, passare a una pillola solo progestinica o a basso dosaggio di estrogeni: sia la cefalea primaria sia gli estrogeni, sono associati a un aumentato rischio trombotico”.

Federica Campigotto, riportando i dati della letteratura, ha affermato che donne e uomini sono colpiti in ugual misura dal mal di montagna acuto, ma gli edemi periferici (gonfiori agli occhi, alle gambe) sono presenti maggiormente nelle donne.
Riguardo al metabolismo le donne utilizzano più lipidi degli uomini come carburante, sia a riposo sia durante esercizio submassimale, in condizioni diverse di stress, compresa l’alta quota, ma consumano relativamente meno calorie degli uomini.

Tra i consigli riservati alle donne prima di soggiornare in alta quota: controllo dell’emocromo e delle riserve di ferro, poiché soffrono di carenza di ferro 10 volte più degli uomini, e controllo della coagulazione, perché la disidratazione che spesso si verifica dopo sforzi intensi in montagna, può aumentare il rischio di trombosi, soprattutto se si fa uso di pillola estroprogestinica.

4) Montagna benefica per i cardipoatici: per loro le terre alte non sono più proibite (di Oriana Pecchio)

Le ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che soggetti reduci da infarto cardiaco o sottoposti a bypass aorto-coronarici con normale funzionalità cardiaca e senza segni di ischemia, possono recarsi a quote medio alte senza problemi. Schmid, del centro cardiovascolare di Berna, ha studiato allo Jungfraujoch 22 pazienti sottoposti a intervento di angioplastica o bypass dopo infarto e con normale test da sforzo in pianura.
Ha concluso che esercizio submassimale e ascensione rapida fino a 3454 metri per questi pazienti possono essere considerati sicuri.

Molti cardiologi della riabilitazione (centri di Sondalo e Veruno, per esempio) considerano l’ambiente di montagna a quote basse e medie luogo dove i cardiopatici, particolarmente motivati e gratificati dalla bellezza dell’ambiente, possono praticare attività fisica a livelli benefici per la loro salute. «Il termine “Montagnaterapia” coniato dagli psicologi può valere anche per i cardiopatici», afferma Giuseppe Occhi della riabilitazione cardiologica di Sondalo.

Un recentissimo lavoro firmato da Margherita Vona del centro di riabilitazione dell’ospedale Beauregard di Aosta, risponde alle richieste di quei pazienti che, superato un infarto, pur con una riduzione della funzionalità cardiaca, vorrebbero fare passeggiate in montagna, anche a quote superiori a 1500 metri, per esempio per arrivare fino a un rifugio.

Il gruppo di cardiologi valdostani ha sottoposto 45 pazienti reduci da infarto cardiaco, stabilizzati, ad un test di 6 minuti di marcia in piano, a diverse quote: 500 metri, 2000 metri (Pila) e 2970 m (Cime Bianche), ottenendo risultati molto confortanti.
A 2000 metri non ci sono differenze sostanziali nella tolleranza allo sforzo rispetto alla quota di 500 metri e a 2970 metri i pazienti hanno conservato una buona tolleranza al cammino, pur a fronte di una moderata diminuzione della performance (cioè si è ridotta la distanza percorsa in sei minuti). Altro dato significativo è che non sono comparsi né sintomi (dolori, mancanza di fiato), né complicazioni (aritmie) durante tutti i test eseguiti.

«Questo studio – spiega la dottoressa Vona – è il primo che dimostra che l’attività fisica in montagna sembra essere ben tollerata e priva di rischi anche per pazienti con una riduzione della funzionalità cardiaca, a patto di seguire alcune indicazioni. A 3000 metri devono ridurre l’intensità dello sforzo del 10 – 20%, cioè non strafare, salire gradualmente di quota, allenarsi prima dell’ascensione e seguire scrupolosamente la terapia prescritta, soprattutto quella per l’ipertensione. È stata osservata infatti la tendenza all’aumento della pressione arteriosa alla fine dello sforzo, con l’aumentare della quota».
Meno proibizioni, quindi, ma sempre molte attenzioni per trarre dall’attività fisica e dall’ambiente montano quanti più vantaggi possibili.